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Blog :: News

 Scontri a genova durante la partita Italia-Serbia


Autore : Sylfaen
Categoria : News
Giovedì, 14 Ottobre 2010 - 00:39

Scontro Italia-Serbia Viminale, evitato Heysel

Polizia, carenze nei controlli ma davanti veri criminali. Tadic si scusa con Berlusconi

ROMA - La folle notte di Genova, con il rischio scampato di un "nuovo Heysel", innesca lo scontro tra Roma e Belgrado, non esclude la possibilità che anche l'Italia venga sanzionata dalla Uefa per non aver garantito il regolare svolgimento dell'incontro con la Serbia e soprattutto lascia sul tavolo una serie di "carenze" sia nella gestione dell'ordine pubblico sia sulla sicurezza degli impianti italiani.

Problemi su cui bisognerà intervenire in fretta: perché è vero che un intervento sugli spalti sarebbe stato, come dice la polizia, "inopportuno e pericoloso" e dunque si "é evitata una strage"; ma è anche vero che a Marassi sono entrati, praticamente indisturbati, "veri e propri criminali" in possesso di armi di ogni genere. Vero è anche che lo stadio Ferraris è a norma di legge, come però è assolutamente evidente che la sua posizione e la sua tipologia avrebbero, forse, potuto spingere la Figc a non sceglierlo per una gara che si sapeva a rischio.

Il bilancio della notte genovese è dunque pesante, non solo in termini d'immagine. 138 sono i tifosi serbi identificati, per 17 dei quali, tra cui il capo ultrà Ivan Bogdanov, è scattato l'arresto. E su altri 35 sono in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria. Senza contare la devastazione di Genova, la pessima figura fatta davanti a milioni di spettatori in tv e il terrore vissuto da chi ieri sera era allo stadio, tra cui un migliaio di bambini delle scuole di calcio genovesi.

A tutto ciò si aggiunge lo scontro tra Roma e Belgrado, anche se il presidente della Serbia Boris Tadic ha chiamato oggi il premier Silvio Berlusconi esprimendo il suo dispiacere per quanto avvenuto a Genova. Anche il ministro Frattini ha ricevuto dal collega serbo Jeremic le "scuse formali" a nome del governo e la Farnesina si è affrettata a ribadire che l'Italia resta uno dei "principali sponsor" dell'entrata della Serbia nell'Ue. "La polizia italiana, prima dell'incontro, non si è rivolta in nessun modo a noi per chiederci aiuto - ha detto il vicepremier e ministro dell'interno Ivica Dacic - e non è stata chiesta nessuna assistenza alla polizia serba". Secondo Dacic, inoltre, l'intervento della polizia italiana avrebbe potuto essere molto più efficace e non si sarebbe dovuto permettere l'ingresso allo stadio dei tifosi in possesso di oggetti vari. Cosa che a Belgrado "non sarebbe mai avvenuta". "Mi sembra che proprio loro non possano dare lezioni - è la secca risposta di Maroni -. Piuttosto avrebbero potuto fare una cosa semplicissima con gli ultrà: vietare loro di uscire dalla Serbia".

Ad accendere lo scontro anche il giallo di un'informativa inviata, tramite Interpol, dai serbi alle autorità italiane: secondo Belgrado in quel documento si diceva chiaramente che erano in arrivo in Italia gruppi di violenti. Tutto il contrario di quello che dice Roma. "Non ci sono state specifiche indicazioni sui movimenti dei tifosi da parte delle autorità serbe - ha puntualizzato il capo della Polizia Antonio Manganelli - che potessero consentire l'adozione di particolari misure di prevenzione". Senza contare che, in ogni caso, era "impossibile impedire l'arrivo dei tifosi serbi perché l'abolizione dei visti dalla Serbia rende impossibile il controllo alla frontiera".

A spiegare il contenuto dell'informativa è stato Roberto Massucci, responsabile della sicurezza della Nazionale e portavoce dell'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del Viminale. "Il rapporto dell'Interpol indicava soltanto il numero di ultrà che sarebbero arrivati in Italia, con il biglietto, e non il loro livello di pericolosità". In quel rapporto si parla "dell'arrivo di circa 1.300 tifosi serbi, che poi erano 1.800, che avevano acquistato il biglietto, tra i quali circa 180 che viaggiavano su alcuni autobus e minibus. Senza alcun tipo di segnalazione". Insomma, "le informazioni provenienti dalla Serbia non hanno delineato alcun profilo di rischio. Se ci fossero state informazioni specifiche sul livello di pericolosità" degli ultras, "queste ci avrebbero senza dubbio consentito di intervenire prima che la situazione diventasse ingestibile". Le forze dell'ordine italiane non hanno dunque "alcuna responsabilità", ripete il Viminale; e, anzi, la polizia, "non intervenendo pesantemente" sulle gradinate di Marassi, "ha evitato una strage".

Che le cose non siano andate per il verso giusto e che non sia stato soltanto il mancato scambio di informazioni a innescare il putiferio genovese, però, sono gli stessi responsabili della sicurezza ad ammetterlo. Innanzitutto i controlli all'ingresso dello stadio che, dice Massucci, "sono stati fatti in maniera carente". Perché? Perché "l'infelice collocazione di Marassi, in pieno centro e praticamente attaccato ai palazzi, non consente un prefiltraggio scrupoloso" e dunque si è deciso di "di togliere dalla strada" i tifosi serbi per evitare contatti con i cittadini. Ed in questo frangente "veri e propri criminali hanno occultato in parti del corpo che non possono essere controllate allo stadio tutti quegli oggetti che poi abbiamo visto lanciare in campo". Criminali che si sono dati da fare anche dopo la sospensione della partita, quando, "vistisi isolati, hanno assaltato la polizia" per fuggire dallo stadio. Ma non solo: non è stato ancora chiarito se è vero, come sostengono fonti sindacali, che l'ordine di andare a Genova ai reparti mobili di Milano e Torino è stato dato troppo tardi e questo ha consentito un vero intervento solo a cose ormai fatte. E non è ancora chiaro se i tifosi serbi si siano portati armi e fumogeni da casa o se, come sostiene uno di loro, abbiano fatto scorta a Genova. In questo caso significa che i controlli hanno fatto fiasco non solo fuori lo stadio, ma anche prima.
 

Ora dico io, questi sono riusciti a passare i controlli armati all'inverosimile di tutto e di più, hanno fatto ritardare la partita, l'hanno fatta sospendere, il capo di questo gruppo stava arrampicato a tagliare una rete di protezione da 15 minuti sembra, e la polizia in tutto questo dove era? possibile che ci dobbiamo semre distinguere dagli altri paesi solo per l'inefficienza? ci voleva tanto a tirare giù quel tipo e farlo smettere con le buone o le cattive? qualcuno ha detto che la polizia non è intervenuta per paura di suscitare reazioni violente nel gruppo e mettere a rischio l'incolumità delle brave persone che si trovavano sugli stessi spalti, oo perchè tutto il casino che hanno fatto non erano reazioni violente? ci vuole tanto ad usare le pistole elettriche, sparare due begli elettrodi al capo e tirarlo giù dalla rete??? e poi fuori dallo stadio che i casini sono continuati ne vogliamo parlare? ma che polizia abbiamo? se la sa prendere solo con le brave persone che fanno un errore ogni tanto? e di fronte ai tipi violenti si impaurisce?confuso.

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